Le persone con disabilità psichica possono essere assunte da enti pubblici o aziende private? E se si come e qual’è la procedura prevista per una corretta assunzione? E se l’ente pubblico o privato non assume, in che cosa incorre?
Anche in questa occasione, prendiamo spunto da una segnalazione pervenuta all’attenzione del Nostro Centro Studi per chiarire le procedure per l’assunzione delle persone con disabilità psichica.
Prima di iniziare però, occorre subito chiarire che le persone con disabilità psichica possono essere assunte sia da enti pubblici che da privati.
Ferme restando le disposizioni presenti nella L.68/99 modificate dal D.lgs 151/2015, (relativamente alle modalità di assunzione, gli elenchi e le graduatorie) l’art. 9 indica le richieste di avviamento con le quali “I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento in cui sono obbligati all’assunzione dei lavoratori disabili”.
Nello stesso art. 9, il comma 4° prevede che “i disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all’art. 11“.
Tale articolo prevede che al fine di favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, gli uffici competenti, possono stipulare con il datore di lavoro delle convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma che mira al conseguimento degli obiettivi occupazionali dei lavoratori con disabilità.
Nella convenzione sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare.
Tra le modalità che possono essere convenute, vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento, l’assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l’esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.
La convenzione inoltre, può essere stipulata anche con datori di lavoro che non sono obbligati alle assunzioni ai sensi della L. 68/99.
Inoltre gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro delle convenzioni di integrazione lavorativa per l’avviamento di persone con disabilità che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario ed essi devono
Gli uffici competenti promuovono ed attuano ogni iniziativa utile a favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità anche attraverso convenzioni con le cooperative sociali, con i consorzi nonché con le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali o con altri soggetti pubblici e privati idonei a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di inserimento lavorativo.
Si possono inoltre proporre deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro e di apprendistato, ma queste devono essere giustificate da specifici progetti di inserimento mirato.
Le convenzioni di integrazione lavorativa devono:
- indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore con disabilità e le modalità del loro svolgimento;
- prevedere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi servizi regionali o dei centri di orientamento professionale al fine di favorire l’adattamento al lavoro;
- prevedere verifiche periodiche sull’andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo.
Orbene, lo strumento della convenzione indicata nell’art. 11, avrebbe dovuto costituire, nelle intenzioni del legislatore, uno strumento attraverso il quale potenziare e agevolare la ricerca occupazionale per le persone con disabilità psichica anche se poi, nei fatti, molteplici sono state le segnalazioni di disfunzionamenti e mancate attuazioni della previsione normativa.
Tale asserzione la si ravvisa nel fatto che gli incentivi economici correlati all’assunzione dei disabili psichici sono maggiori rispetto alla categoria dei disabili non psichici.
E questo fa presumere che la volontà del legislatore non fosse quella di ostacolare ma di agevolare il percorso di inserimento lavorativo degli stessi.
In effetti, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 1-bis della legge n. 68/99, ai datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato ovvero con contratto a tempo determinato di durata non inferiore a 12 mesi, un lavoratore con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, per un periodo di 60 mesi ovvero per l’intera durata del contratto a tempo determinato, spetta un incentivo in misura pari al 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali.
Questa previsione fa ritenere che in fase di promulgazione della legge un focus particolare fosse effettivamente stato posto sui disabili psichici.
Tuttavia concretamente è accaduto che la specifica enunciazione del canale “obbligato” della stipula della convenzione, si sia tradotto spesso in un mancato assolvimento di questa previsione.
In effetti, stante la necessità di addivenire alla stipula della convenzione ex art. 11 l. 68/99, se intenzionati ad assumere lavoratori con disabilità psichica, può accadere che i datori di lavoro decidano di attingere ad altre categorie di disabilità non intellettive rispetto alle quali non è necessario il passaggio attraverso lo strumento dalla convenzione.
Potrebbero dunque ipotizzarsi molteplici linee di intervento volte a ridurre al massimo grado possibile il rischio di attuare quella che, in caso di mancata attuazione delle convenzioni, si delineerebbe come una discriminazione indiretta ai sensi della L. 67/06.
Si potrebbe ad esempio pensare ad una “sponsorizzazione” e “pubblicizzazione” della misura di maggior favore contenuta nell’art. 13 legge n. 68 in materia di incentivi economici spettanti per l’ipotesi di assunzione di un disabile psichico, alla previsione di una modificazione normativa volta a facoltizzare il ricorso alla convenzione che verrebbe reso alternativo alla ordinaria chiamata nominativa (così come a oggi avviene con le altre categorie di disabili non intellettivi).
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